I riti del Giovedì Santo: a Taranto escono “le Perdune”

Nel primo pomeriggio del Giovedì Santo, a Taranto, inizia il pellegrinaggio dei Confratelli del Carmine, agli altari della reposizione (i sepolcri): impiegano diverse ore a compiere il tragitto designato perché avanzano con dondolio lento ed esasperante ( “a nazzecate”, in dialetto tarantino). Sono i Perdoni (“le Perdune”, in dialetto tarantino), così chiamati in ricordo dei pellegrini che si recavano a Roma per ottenere il perdono dei peccati.

Escono in coppie, a piedi nudi e incappucciati e percorrono le vie cittadine facendo sosta in ogni sepolcro lungo il percorso; il loro abito rituale si compone di un camice bianco, un rosario nero appeso in vita con medaglie sacre e un crocifisso, una cinghia di cuoio nero attaccata in vita simboleggiante la frusta che colpì Gesù, una mozzetta color crema abbottonata sul davanti, due scapolari recanti le scritte ricamate “DECOR” e “CARMELI” in seta blu chiaro; un cappuccio bianco con due forellini all’altezza degli occhi; un cappello nero bordato con nastro blu, dai cui lati scendono altri due nastri anch’essi blu, indossato in testa sul cappuccio o appoggiato sulle spalle.

Le Perdune portano con loro una mazza “bordone”, che simboleggia l’antico bastone dei pellegrini.

Succede che durante il pellegrinaggio due poste, due coppie di Perdune, si incrocino lungo il tragitto. Quando ciò accade si verifica il rito de “U Salamelìcche”: le perdune si tolgono il cappello, che si adagia dietro le spalle, si inchinano e sbattono i medaglieri, i rosari e le corone all’altezza del petto.

La processione della Madonna Addolorata segna il culmine del pellegrinaggio: a guidare tutta la processione è il “Troccolante” con la “Troccola”, uno strumento di legno con maniglie che emettono un suono continuo ed incessante, che scandisce tutto il percorso. A chiudere la statua della Madonna, a simboleggiare la dolorosa ricerca del figlio Gesù da parte di Maria.

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